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Analisi percettiva sul quadrato detto “SATOR”-proposta di significato per “sator arepo tenet opera rotas” cioè: la Natura domina le opere e le sorti umane

Analisi percettiva sul quadrato detto “SATOR”-proposta di significato per “sator arepo tenet opera rotas” cioè: la Natura domina le opere e le sorti umane

LA NATURA DOMINA LE OPERE E LE SORTI UMANE
(letteralmente: il maschile-e-femminile domina le opere e le sorti)

Significato attribuito alla frase “SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS” con l’analisi percettiva sul quadrato magico detto “SATOR”.
Pier Prospero, 19 settembre 2021

Ad Arcè di Pescantina all’ingresso nella chiesa di San Michele una formula diffusa nell’antichità che sfida ogni interpretazione
trovo scritto sul sito del quotidiano di Verona “L’Arena” e mi viene da dire, parafrasando De André: “qualche reperto senza pretese abbiamo anche noi qui in paese”.
Dell’articolo mi colpisce questa parte: “Tenendo conto del gioco di parole, la traduzione della frase è: «Il seminatore tiene l’opera; l’opera mantiene le ruote». L’iscrizione si ritrova ovunque, in Europa, su un numero sorprendentemente vasto di reperti archeologici: negli scavi di pompei, a Roma, nei sotterranei della basilica di Santa Maria Maggiore; a Siena, nel duomo; a Frosinone, nella Certosa di Trisulti a Collepardo, e in moltissimi templi medievali. E poi in Inghilterra, sulle rovine romane di Cirencester, l’antica Corinium; nel sud-est della Francia, nel castello di Rochemaure; in Spagna, a Santiago di Compostela; ad Altofen, in Ungheria; a Riva San Vitale, in Svizzera… e ad Arcé, appunto.
In quella traduzione il significato diventa incomprensibile e alla fine assurdo. Ma può esserlo se la scritta era così diffusa?

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(immagine di pubblico dominio della scritta a Pompei)

Il giornalista prosegue contestualizzando: “Le prevalenti ipotesi formulate collocavano la nascita della formula in ambito cristiano, ma il ritrovamento di due iscrizioni del SATOR a Pompei, databili tra il 50 e il 79 dopo Cristo, riaprirono un ampio ventaglio di possibilità. Nel 1823, Filippo Huberti sostenne che la scritta non sarebbe stata altro «che un eccitamento alla carità espresso con un giocolino»
Dire che il “sator”, quadrato magico inciso sulle cattedrali, è un semplice gioco è proprio il livello più basso, quello dei cretini.
Per me quel quadrato di origini romane ha un significato esoterico, cioè era comprensibile solo agli iniziati di qualche sapere segreto. Verosimilmente si tratta di una religione arcaica, matrifocale, che era clandestina nella Roma imperiale: la religione e i rituali che hanno dato origine ai sabbah.
In seguito alla visita a Siena e alla visione di quello inciso sulla parete del Duomo, mi sono incuriosito poiché mi era stato presentato come un “enigma irrisolto”, e ho provato a eseguire una percezione.
Ne avevo tratto alcune foto e mi sono concentrato davanti alla più nitida e più completa, aspettando che mi affiorasse qualche pensiero o qualche immagine.
Descrivo qui quello che ho “visto” e le riflessioni, controllate con il pendolo per avere un “si” o un “no” dal mio preconscio alle ipotesi che andavo formulando sull’interpretazione delle immagini affiorate .
Secondo la mia percezione, il quadrato dovrebbe essere stato concepito a partire dal centro (“N”) e dall’incrocio delle parole “TENET” alle quali mi viene di dare il significato “domina”.
L’incrocio di queste due parole forma una croce con i bracci perfettamente uguali, che non ha assolutamente nulla a che vedere con la croce cristiana, ma si richiama a quella neolitica, e poi celtica, che indica l’estensione della Terra nelle quattro direzioni cardinali. I Cinesi antichi hanno chiamato questo concetto più precisamente “Spazio”, dicendo che si estende nelle otto direzioni (della Rosa dei Venti).Sator al duomo
La parola “TENET”, la più importante e quella che qualifica il quadrato, mi viene anche associata a “mantiene” nel senso della memoria del rito sacro: mantiene la memoria di questo rito, quindi il nome corretto del quadrato per me dovrebbe essere “tenet”, non “sator”, proprio come suggerisce il regista Christopher Nolan intitolando il suo film del 2020 “Tenet”.
Mi ha colpito molto la disposizione spaziale delle lettere che mi richiama un cerchio di menhir neolitico, dove “N” è il menhir centrale e “T” sono quelli minori che segnano i quattro punti cardinali.
Questa disposizione dovrebbe essere alla base della composizione del quadrato.
Mi arriva l’idea che sia un “promemoria” di un rituale, antico già ai primi anni dell’impero romano, e che “N” sia il posto della sciamana, o della sacerdotessa, che conduce con un tamburo.
Non servono necessariamente i menhir, il rituale è fattibile dovunque perché i menhir non fanno altro che “segnare” dei posti particolari dove l’energia tellurica corrisponde alla funzione religiosa (i cerchi di menhir sono in luoghi in emissione energetica, che aiutano l’accoppiamento rituale).
La croce dei “TENET” potrebbe indicare la disposizione da tenere nel rituale, o quella iniziale.
Interpreto SATOR come il principio maschile, il seminatore, e AREPO come il principio femminile, l’inseminata, la terra o la donna. AREPO mi richiama “reponere”, ma alla percezione non risulta esatto poiché ci vorrebbe un sostantivo o un aggettivo sostantivato, proprio come per “sator”.
Dovrebbe essere una parola che indica “colei che riceve” (il seme).
I maschi sono “sator”, i seminatori, le femmine sono “rep”, abbreviazione di una parola per “quella che riceve” o “quella che contiene”.
I più antichi quadrati “sator” riportano vicino il nome del dio Saturno che era il protettore della Natura. Maschile e Femminile, Terra e Cielo, danno origine alle diecimila cose, cioè alla Natura, dice Lao Zi, quindi interpreto “sator” come il Maschile e “arepo” come il Femminile, che insieme formano la Natura.
Il fatto che “TENET” non cambi mai mentre le altre parole si leggono diverse nell’altro senso potrebbe indicare un arricchimento di significato leggendolo all’inverso.
Perciò il significato di “rotas opera tenet arepo sator”, l’inverso del “sator”, potrebbe essere:
“la sorte ciclica e i suoi frutti dominano la Natura”.
Il quadrato potrebbe quindi significare che nella sfera umana la Natura, cioè il maschile e il femminile congiunti, domina le opere e le sorti umane, mentre nella sfera superiore i cicli che tornano e le loro conseguenze dominano la Natura.
Come si trattasse di un riassunto di conoscenze sul funzionamento della vita sul pianeta, dove il destino e l’operato umano è condizionato dalla dinamica naturale e da quella tra maschile e femminile, l’uomo è tra Cielo e Terra, mentre la Natura è condizionata da quel che portano gli eventi ricorrenti, come le stagioni, le macchie solari, i meteoriti.
Nel rito che ho “visto” la disposizione degli officianti è questa:
La sciamana o sacerdotessa sta al centro (posizione “N”).
Le donne stanno ai suoi quattro lati nelle direzioni cardinali (posizioni “E”).
Gli uomini stanno oltre le donne nelle stesse direzioni (posizioni “T”).
“N”, la sacerdotessa, batte il tamburo e non si accoppia.
Le “E” e i “T” invece si accoppiano ritualmente.
Il rito è anche l’ “opera” che si compie ciclicamente cioè “ruota” tra il femminile e il maschile.
Concetti analoghi sono espressi nell’antica Cina col Lo Shu, il quadrato numerico a matrice 3 con i numeri attribuiti ai quadrati che danno il risultato 15 in tutte le direzioni.
Il fatto che al centro vi sia il 5, numero dispari quindi “duro”, e per quella cultura anche “maschile”, che tuttavia indica la Terra ma nell’accezione del pericolo associato al femminile, dice che i numeri sono stati attribuiti al Lo Shu da una società già patriarcale. Infatti i punti cardinali sono segnati da numeri dispari, maschili, mentre le altre direzioni della Rosa dei Venti, quindi le direzioni minori, sono segnate da numeri pari, “teneri”, femminili. Comunque anche nel Lo Shu lo spazio centrale è sacro e “comune”, non “accoppiato” a qualcos’altro. Indica il comando, il palazzo imperiale. Probabilmente all’origine, prima dell’attribuzione dei numeri da parte dell’imperatore Yu, il Lo Shu rappresentava la suddivisione del terreno agricolo per ogni famiglia in campi a coltivazioni diverse dove il campo centrale era sacro e riservato alla casa e alla produzione per la comunità, cioè per governanti, sciamani, sacerdoti, indovini e artisti, tutti quelli che non erano impiegati nella produzione diretta, il surplus necessario per diventare “una civiltà”.
È interessante notare che l’attribuzione numerica del quadrato centrale in origine era una croce con un punto al centro e quattro punti sui quattro assi cardinali (nell’antica Cina non avevano i numeri arabi, ovviamente, e anticamente li rappresentavano come sequenze di punti legati da assi; così ci è giunta la rappresentazione del primo Lo Shu “preso dal disegno del guscio di una Tartaruga Sacra”, e cioè potremmo tradurre “formulato attraverso lo studio delle costellazioni, delle quali faceva parte la Tartaruga-Serpente”).
In ogni caso non è possibile sovrapporre il Lo Shu al “sator” poiché quest’ultimo, se suddiviso in quadrati, risulta a matrice di ordine 5, mentre il Lo Shu è di ordine 3. Tuttavia si può dire che la “N” centrale equivalga al 5: la Terra “pericolosa”.
Sebbene il Lo Shu sia sicuramente più antico, il “sator” mi richiama la società neolitica matrifocale e la ritualità per propiziare la fecondità della Natura, dei campi coltivati e delle donne.
Mi viene che il quadrato “sator” è stato formulato e scritto come “promemoria” e come simbolo segreto, camuffato da gioco di parole come ce n’erano altri nella Roma antica, in un periodo in cui, dopo secoli di trasmissione orale, quelle conoscenze rischiavano di perdersi.
Non mi viene un legame con la religione di Iside, inserita nel pantheon romano proprio nello stesso periodo dei primi “sator” rinvenuti a Pompei, anche se in teoria potrebbe esserci.
Il “sator” mi viene legato a una religione clandestina, mentre quella di Iside era ufficiale.
Forse riguardava un livello di potere femminile inaccettabile nella Roma del “pater familias”.

(Immagini del SATOR del Duomo di Siena da fotografie di Pier Prospero)